L’ossigenoterapia è una terapia fondamentale per pazienti con ipossiemia, indicata in diverse patologie respiratorie e cardiache. Viene prescritta secondo criteri clinici. Può essere somministrata tramite ossigeno gassoso, liquido, concentratori o sistemi ad alti flussi. Le interfacce includono cannule nasali, diverse maschere e reservoir. Il follow-up prevede EGA, saturimetria, test del cammino, spirometria con revisione periodica …
Introduzione
L’ossigenoterapia è una delle terapie più utilizzate in pneumologia e medicina interna, ma spesso viene sottovalutata o fraintesa. Non si tratta semplicemente di “dare ossigeno” a chi respira male: è una strategia clinica precisa, regolata da criteri ben definiti, che può migliorare la qualità della vita e, in alcuni casi, anche la sopravvivenza.
Cos’è l’ossigenoterapia?
L’ossigenoterapia consiste nella somministrazione di ossigeno supplementare a pazienti che presentano una ridotta ossigenazione del sangue (ipossiemia). L’obiettivo è semplice ma cruciale: aumentare la disponibilità di ossigeno ai tessuti, ridurre il lavoro respiratorio e prevenire complicanze legate alla carenza di ossigeno.
Quando è indicata l'ossigenoterapia?
Le indicazioni variano da regione a regione, ma in Italia esistono criteri, scientificamente definiti, che sono condivisi in tutte le aree del paese. In linee generali, l’ossigeno viene prescritto quando la pressione arteriosa dell’ossigeno (PaO₂), determinata con l’emogasanalisi, è inferiore a 55 mmHg o la saturazione (SpO₂) inferiore all’88%. In alcuni casi, come la presenza di ipertensione polmonare, scompenso cardiaco destro o poliglobulia, si può prescrivere anche con valori leggermente superiori.
Come si somministra l'ossigenoterapia?
Esistono diversi modi per erogare l’ossigenoterapia, ognuno con caratteristiche specifiche:
Ossigeno gassoso: conservato in bombole ad alta pressione, è il metodo più tradizionale. È utile per somministrazioni intermittenti o in ambienti ospedalieri.
Ossigeno liquido: viene conservato a temperature molto basse in contenitori criogenici. Ha il vantaggio di offrire maggiore autonomia e portabilità, ideale per pazienti attivi.
Concentratori di ossigeno: dispositivi elettrici che separano l’ossigeno dall’aria ambiente. Sono economici e adatti all’uso domiciliare, disponibili anche in versione portatile.
Ossigenoterapia ad alti flussi (HFNC): una tecnologia più recente che eroga ossigeno umidificato e riscaldato a flussi elevati, migliorando il comfort e l’efficacia respiratoria.
Quali interfacce si utilizzano la somministrazione dell'ossigenoterapia?
La scelta dell’interfaccia dipende dal tipo di ossigenoterapia e dalle esigenze del paziente:
Cannule nasali: comode e ben tollerate, ideali per ossigeno a basso flusso.
Maschera semplice: copre naso e bocca, adatta a flussi medio-alti.
Maschera Venturi: permette di regolare con precisione la concentrazione di ossigeno, molto utile nei pazienti con BPCO.
Maschera con reservoir: utilizzata in situazioni acute, consente di somministrare ossigeno ad alta concentrazione.
Cannula nasale ad alti flussi: utilizzata nella HFNC, offre elevata efficacia e comfort.
In quali patologie è utile l'ossigenoterapia?
L’ossigenoterapia trova applicazione in molte condizioni cliniche:
BPCO: è indicata in fase avanzata, soprattutto nei pazienti con ipossiemia cronica. Va somministrata con cautela per evitare la ritenzione di CO₂.
Malattie interstiziali: come la fibrosi polmonare idiopatica, dove l’ossigeno può migliorare la tolleranza allo sforzo.
Malattie neuromuscolari: spesso associata a ventilazione non invasiva, aiuta a mantenere una buona ossigenazione.
Ipertensione polmonare: migliora la vasodilatazione e riduce il carico sul cuore destro.
Fibrosi cistica: utile nelle fasi avanzate, spesso integrata con altri supporti respiratori.
Scompenso cardiaco cronico: indicata in caso di congestione polmonare e ipossiemia persistente.
Cure palliative: l’ossigeno può alleviare la dispnea anche in assenza di ipossiemia documentata.
Ossigenoterapia notturna: indicata nei pazienti con desaturazione durante il sonno, come in OSAS o BPCO.
Come si monitora il paziente?
Il follow-up è fondamentale per garantire l’efficacia e la sicurezza della terapia. Ecco gli strumenti principali:
Emogasanalisi arteriosa (EGA): per valutare PaO₂, PaCO₂ e pH.
Saturimetria domiciliare: utile per monitoraggi spot o continui.
Test del cammino (6MWT): per valutare la desaturazione sotto sforzo.
Spirometria e DLCO: per monitorare la funzione polmonare.
Diario clinico e telemonitoraggio: sempre più diffusi nei pazienti cronici.
Revisione periodica della prescrizione: ogni 6–12 mesi o in caso di variazione clinica.
Fonti
The role of high flow oxygen therapy in acute respiratory failure. Masclans JR, Pérez-Terán P, Roca O. Med Intensiva. 2015 Nov; 39(8): 505-15.
The debate on continuous home oxygen therapy. Díaz Lobato S, García González JL, Mayoralas Alises S. Arch Bronconeumol. 2015 Jan; 51(1): 31-7
Indications and control of home oxygen therapy.Gaudó Navarro J, Flandes Aldeyturriaga J. Rev Clin Esp. 2001 Jun; 201(6): 330-1
Regione Piemonte Raccomandazioni – Linea Guida in Ossigeno-terapia. Ottobre 2021.
Dott. Giulio Maresca
Medico Chirurgo
Pneumologo - Specialista in Medicina Interna








Comments
runway act two
Questa guida sullossigenoterapia è chiara come un… bicchiere dossigeno puro! Eppure, tra bombole, concentratori e maschere di ogni genere, a volte mi sembra di leggere le istruzioni per unattacco a sorpresa alla Casa Bianca, solo che il bersaglio è il disturbo respiratorio. La precisione dei criteri (PaO₂, SpO₂) fa pensare a un ex-osteotomo trasformato in pneumologo high-tech. E poi, scegliere la maschera: è come scegliere i tacchi giusti per una maratona polmonare, unarte segreta! Complimenti per aver reso questa scienza complicata quasi… divertente, se si possa chiamare divertente la necessità di respirare meglio!runway act two
Dott. Giulio Maresca
grazie per il commento, mi da lo spunto per una ulteriore precisazione. l’articolo non vuole essere una guida per il paziente che in autonomia sceglie quanto ossigeno fare e quale dispositivo usare, anche se ho aggiunto una tabella che per linee generali fornisce delle indicazioni ma semplicemente volevo sottolineare la complessità di somministrazione. L’ossigeno è un farmaco molto utile ma anche molto pericoloso che richiede una costante attenzione da parte degli operatori e dei caregivers e che il paradigma “bassa la saturazione aumenta l’ossigeno” non sempre è la scelta giusta.